In Italia clandestino ghanese pregiudicato, libero di uccidere In Eritrea professore italiano espulso perché gay Rischiava 10 anni di carcere
Le due storie che la cronaca ieri ci ha raccontato sono storie di immigrazione. Storie di uomini che lasciano il loro Paese, la loro terra, i loro amici inseguendo sogni e speranze, un futuro migliore, storie molti simili eppure così diverse.
La prima è quella di un palermitano, un professore di lettere. Si chiama Paolo Mannina e lavorava nella scuola italiana ad Asmara, in Eritrea. Già, lavorava. Il passato è d’obbligo dal momento che l’Eritrea lo ha espulso senza tanti complimenti, minacciando di chiuderlo in carcere con una condanna dai 3 ai 10 anni di prigione con l’accusa di essere “un individuo pericoloso e potenzialmente destabilizzatore dell’ordine morale e pubblico del Paese”. La sua colpa? Essere omosessuale, e aver sposato nel 2008 in Spagna un ragazzo cileno.
Gente serie, gli eritrei, non fanno sconti a nessuno, tantomeno agli stranieri. “Se sei nel nostro Paese”, dicono, “rispetti le nostre tradizioni, la nostra cultura, le nostre leggi. Chi sgarra o va in galera o se ne torna a casa”. Poco importa se la legge che applicano, detto tra noi, è ingiusta. Anzi no, fa schifo e vìola le più elementari norme che tutelano i diritti dell’uomo.
In Eritrea la legge è legge, a la sanno far rispettare. Al professor Mannina hanno dato 48 ore per lasciare il Paese e poi concesso una settimana di proroga (dicasi UNA) solo perché la nostra ambasciata è intervenuta. Nel frattempo Mannina si è tenuto ben nascosto, per evitare di finire in galera. E a settimana scaduta è stato gentilmente accompagnato all’aeroporto ed espulso.
In Italia, invece, la legge non è mai legge, e tuttalpiù si può interpretare, quasi sempre a favore di chi commette reati e a discapito dei cittadini onesti. Se dimentichi la macchina parcheggiata sotto casa il giorno in cui lavano le strade ti becchi 50 euro di multa, e se non la paghi alla fine te la sequestrano. Se invece hai precedenti per rapina, resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento, sei un immigrato clandestino e ti hanno intimato l’espulsione un paio di volte puoi stare tranquillo ed andartene in giro con la matematica certezza di poter prorogare all’infinito il tuo soggiorno italiano. E qui comincia la seconda storia che ieri mattina ha cambiato per sempre la vita di cinque persone, portandola via ad un quarantenne, ferendo gravemente due ragazzi, uno di 21 e l’altro di 24 ricoverati in condizioni disperate e ferendo in maniera meno grave altre due persone.
Lui si chiama Mada Kabobo, ha 31 anni e non doveva essere in zona Niguarda, ieri mattina alle cinque, lasciandosi alle spalle un morto, cinque feriti e un’altra persona scampata miracolosamente alla sua furia omicida. Mada Kabobo è un cittadino Ghanese arrivato in Italia nel 2011, identificato più volte in Puglia, a Bari e a Foggia. Come molti altri ha presentato domanda di asilo politico, ottenendo un permesso temporaneo con il quale si è allontanato indisturbato anche quando è scaduto. In Italia, da quello che sappiamo, non si è certo distinto per le buoni azioni. Anzi, ha collezionato una bella serie di reati contro il patrimonio e la persona. Insomma, un tipo pericoloso e poco raccomandabile del quale, con rispetto parlando, il nostro Paese avrebbe potuto tranquillamente fare a meno. Già, avrebbe. Ma come ricorderete da noi vige la regola che fatta la legge trovato l’inganno. E così ecco che Kabobo presenta un ricorso contro il decreto di espulsione e da quel momento in attesa che un giudice trovi il tempo per esaminare la pratica, a dispetto dei reati che commette può liberamente soggiornare nel nostro Paese. Senza lavoro e senza fissa dimora. Agli investigatori ha solo detto che aveva fame e non sapeva dove andare, prima di chiudersi in un ostinato mutismo. Forse un giorno qualcuno riuscirà a spiegarci perché questo trentenne del Ghana ha preso un piccone e ha massacrato quegli innocenti. Temo però che nessuno sia in grado di spiegarci il vero motivo per cui, nel nostro Paese, persino chi commette reati e dovrebbe quindi essere considerato violento e di conseguenza pericoloso, non viene espulso
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