Il ministro Cancellieri e la telefonata che ti allunga la vita
Sostiene il ministro Cancellieri di aver agito per pura umanità, così come ha fatto per centinaia di altri detenuti, derubricando la telefonata che ha fatto per “sensibilizzare” gli uffici competenti sulle condizioni dell’amica Giulia Ligresti come un semplice atto umanitario, quasi un dovere d’ufficio.
Sostiene, il ministro Cancellieri, di aver agito nel pieno rispetto del principio secondo il quale la legge sarebbe uguale per tutti (scusatemi, proprio non riesco a fare a meno della formula dubitativa del condizionale) e che la sua “messa a disposizione” della famiglia Ligresti non rappresenta alcuna forzatura ne incongruenza col suo incarico.
Sostiene ancora, il ministro Cancellieri, di essere pronto a dimettersi, se il Paese lo chiederà. Grillo lo ha già fatto, il Pd ci sta pensando su (fosse mai che quelli del Pd facciano qualcosa di sinistra…) il Pdl si è già schierato in sua difesa chiedendo a gran voce una sorta di par condicio per Berlusconi che ricorderete egualmente impegnato in telefonate umanitarie per nipotine altolocate. La difende ovviamente Letta, se non altro per non perdere quei voti oggi così preziosi di quel che resta di Scelta Civica e di Mario Monti, grande sponsor della Cancellieri.
Fin qui, la semplice cronaca di quello che è accaduto ma che forse merita una piccola analisi se non altro perché ritengo non ci saranno conseguenze per la maldestra azione del ministro Cancellieri, ennesimo episodio di un Paese dove a prescindere dall’avere torto o meno, per ottenere giustizia o quantomeno ascolto qualche santo in Paradiso lo devi comunque avere.
In un Paese dove gli imprenditori si ammazzano perché strangolati dai debiti, dove è stato necessario fare una legge per impedire alle banche e a Equitalia (mai nome più sbagliato) di portarti via la casa dove abiti, dove i furbi che evadono le tasse sono sempre o comunque più tutelati dei cittadini che le pagano e chi delinque lo è delle proprie vittime, l’ultima cosa di cui si sentiva il bisogno è dell’esempio di un ministro che parla al telefono con la compagna di un imprenditore finito in galera con tutta la sua famiglia (tranne un figlio latitante in svizzera) rassicurandola come si parla ad una vittima di mafia.
Probabilmente sbaglierò, ma ancora una volta l’Italia si conferma per un Paese dove la prima rivoluzione, quella morale, è ben lungi dall’essere compiuta. Altro che tirem innanz, qui teniamo proprio famiglia.
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